“ LA CORSA DELL’ANGELO A MONTECOMPATRI ” di Sandro Giambra

Penso sia dedicata alla suggestiva statua verde che si erge dalla fontana nella piazza centrale della cittadina ma durante la gara mi ricrederò. “Dell’angelo” è perché… intorno al settimo km, nel pieno della salita che ti sta prosciugando ogni senso ed energia il desiderio più grande è quello di veder arrivare due grandi ali bianche che ti trasportino di peso fino al traguardo.

La piazza centrale e il viale che accoglie il ritrovo della gara sono allestiti con la gioia dell’evento e con gli addobbi del Natale. Respiro da subito un’aria festosa e positiva.

I gazebo, gli alberi, i banchetti. Tutto ben ordinato. Anche le panchine, nuove, di legno scuro fiammante danno un tocco ancora più natalizio alla visione. Su una, quella più vicina allo speaker, mi accomodo con tutto l’armamentario e procedo nella laboriosa spillatura del pettorale. La musica dai diffusori esce ad un volume perfetto, che consente sia di ascoltare il compagno che elenca tutti i malanni sia di emozionarsi per quelle hit, famose sì, ma che non si ascoltano così spesso: i figli delle stelle di Alan Sorrenti, le trecce ai cavalli di Umberto Balsamo, la bomba o non bomba di Venditti… e decine di altre chicche che danno un bel formicolio alle gambe durante il riscaldamento.

Troppo bello, penso. Dove sta la crepa?

È una considerazione che faccio sempre quando mi trovo completamente a mio agio: se dovessi raccontare o scrivere questo momento sarebbe noiosamente pieno di positività, di sorrisi, di strette di mano. Che palle per chi legge o per chi ascolta: la storia ha bisogno di un contraltare per alimentarsi, i film migliori sono quelli dove funziona il cattivo.

Si parte.

Un primo km nelle vie acciottolate del paese e poi…

E poi si comincia a scendere. Due km. Tre km … e non si sale mai

Già, forse comincio a capire.

Scendere

Scendere.

L’oggetto del desiderio di ogni runner: una gara tutta in discesa.

Ma non è così, lo so benissimo. Qualche notizia sul tracciato l’avevo già percepita, e poi, l’arrivo sta lì, a pochi metri da dove siamo partiti…

Quindi.

Quindi non me la godo per niente tutta questa discesa. Anche perché ognuno che mi affianca col proposito di darmi un consiglio non fa altro che deprimermi e agitarmi ancora di più: ‘non spendere troppo che fra poco vedrai… comincia la salita… adesso siamo tutti leoni poi …’ e c’è la famosa rima in ‘oni’.

E allora come la corro ‘sta discesa? Sono in gara, mi piace dare tutto però devo pensare a una riserva. Devo preoccuparmi. Adesso ti senti un leone ma fra un po’…Guardo il Garmin 4’e15” al km, ma che bellezza! mi dice l’angelo (lo stesso angelo?) appoggiato entusiasta sulla mia spalla sinistra! E invece no! mi riprende scuro il diavolo puntellato e contratto sulla mia spalla destra: devi rallentare!

4’e 25”, rallento ancora

4’e 45” ecco forse così va bene

Va bene un cavolo. per mantenere l’andatura anomala e trattenuta faccio una fatica del diavolo appunto, non mi diverto e spendo lo stesso, forse anche di più. Eh, certo, che ti aspetti da un consiglio che arriva dall’inferno.

Eccomi a metà percorso, dopo oltre 4km di discesa la strada viene divisa in due con le transenne e sull’altro lato comincio a incrociare i top che ritornano. Vista sotto le loro gambe la salita non sembra poi così preoccupante. Vai Robbi, vai Manuel, passano velocissimi, fluidi e sembra vadano più in discesa di me.

Arrivo al giro di boa. Il ritorno.

E mi blocco. Spingo arranco, sbuffo, ma le gambe sono di marmo. Guardo il Garmin: intorno ai 5’e30”. Un crollo verticale.

Trattenermi non è servito a un beneamato ceppo!

Era meglio lasciarsi andare ai gioiosi 4’e15”, tanto poi qui mi sarei piantato lo stesso.

Una fatica che non provavo da tempo. 4,5 km di salita incessante, senza appigli.

È la perfezione della storia: un racconto e un evento che sa vendersi deve mostrarsi nei suoi opposti, consapevole del proprio ruolo. La gara ha acceso tutti i miei sguardi, ha combinato sfacciatamente la festa e il tragitto, e io non l’ho saputa leggere per paura di una riserva. Adesso, quasi alla fine della salita, esausto, vedo di nuovo la bellezza delle luci natalizie e lo striscione dell’arrivo. Ce l’ho fatta ma non l’ho posseduta davvero come avrebbe meritato. Il tempo finale ha un sapore amaro… cha vado subito ad addolcire con le deliziose ciambelline offerte ai finishers.

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Sandro Giambra

 

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